11 SETTEMBRE 2011: l'inizio del nuovo millennio. Per non dimenticare
“Campagna sull’istruzione: Booker Elementary School di
Sarasota, Florida”. Questo sta scritto sull’agenda di George W. Bush la mattina dell’11 settembre 2001. E, infatti,
il presidente degli Stati Uniti è lì, in una scuola elementare, ad ascoltare i
bambini che leggono una favola, quella che parla di una capretta. Sarà annoiato
o, al contrario, ha voglia sapere come va a finire la favoletta? Mentre i
bambini raccontano, un assistente di Mr. President, a passo felpato ma rapido,
gli si avvicina all’orecchio e gli comunica la notizia.
In quegli stessi minuti, più o meno in tutto il mondo,
davanti alla televisione si sta svolgendo il più orrorifico dei film. Solo che
si tratta di realtà e non di fiction. Il mondo guarda due torri, le Twin Towers, a New York,
Manhattan, centrate da due aerei. E se dopo il primo velivolo, ancorché
impietriti, molti continuano a pensare a un tragico errore, la comparsa sullo
schermo del secondo Boeing 767 che entra, come una lama di coltello nel burro,
nel secondo grattacielo, apre lo scenario al nuovo millennio, alla nuova era:
11 settembre 2001, fine di un mondo e inizio di un nuovo evo. Da allora, nulla
è stato come prima; da allora, il mondo intero convive con una continua guerra
strisciante, sotterranea, che si fa apertamente dichiarata in altri momenti,
con attentati, morti e feriti e poi apparentemente si assopisce. Al Qaeda, Osama bin Laden, nomi
già noti ma che diventano celebri in ogni angolo di mondo per tutti.
Ufficialmente, quell’11 settembre inizia alle 7,59, quando il volo American Airlines 11 decolla dal Logan International Airport di Boston. Sul Boeing 767, diretto a Los Angeles, ci sono 95 persone. Meno di un’ora dopo, alle 8,46 di New York, si schianta sulla Torre Nord a Manhattan.
Ufficialmente, quell’11 settembre inizia alle 7,59, quando il volo American Airlines 11 decolla dal Logan International Airport di Boston. Sul Boeing 767, diretto a Los Angeles, ci sono 95 persone. Meno di un’ora dopo, alle 8,46 di New York, si schianta sulla Torre Nord a Manhattan.
Altri tre aerei, in quell’ora circa, vengono dirottati
dai 19 affiliati di Al Qaeda che partecipano alla giornata che cambia il mondo.
Uno colpirà la seconda torre;
il terzo si schianterà sui muri del Pentagono,
a Washington. Il quarto cadrà su un campo in Pennsylvania, perché i passeggeri riusciranno, in
un tentativo estremo, a ribellarsi ai dirottatori, impendendo loro di andare a
colpire, forse, la Casa Bianca, o il Campidoglio.
Bush è informato alle 9 esatte del primo aereo. Resta
nella scuola di Sarasota fino alla fine della lezione. Sette minuti dopo, gli
viene detto del secondo aereo su New York. Ora è chiaro anche a Mr. President
che non c’è errore, ma che
“l’America è sotto attacco”, come Bush affermerà pubblicamente,
nei giardini della scuola elementare, alle 9,30. Quindici minuti più tardi
viene evacuata la Casa Bianca e il vicepresidente Dick Cheney è portato nel
bunker blindato sotto la residenza. Viene bloccato tutto il traffico aereo
degli Stati Uniti, mentre alle 9,55 L’Air Force One di Bush decolla dalla
Florida. Quattro minuti più tardi, la Torre
Sud implode. Meno di mezz’ora dopo, anche la Torre Nord precipita su
stessa. La diretta televisiva mostra un’immagine che appare simbolica: il
crollo dell’America.
A New York muoiono 2.752 persone di 70 nazionalità. Tra
loro, 343 vigili del fuoco e 60 agenti di polizia.
Da qualche altra parte, nascosto ma soddisfatto, Osama bin Laden brinda all’impresa. Eppure, se c’è una cosa che bin Laden ha sottovalutato, è proprio la capacità perenne degli Stati Uniti di rialzarsi dalle proprie tragedie. Questa è la più brutale e spettacolare. Davanti al mondo, le Twin Towers che cadono rappresentano l’evidenza di un mondo, quello americano, che ha dominato il XX secolo, pronto a cedere da un momento all’altro, secondo Al Qaeda. Ma non sarà così. Bush condurrà gli Stati Uniti in Afghanistan meno di un mese dopo, ritenendo il Paese asiatico la “cuccia” ospitale dei terroristi di Osama. Poi, sarà la volta dell’Iraq, di Saddam Hussein. L’America è ancora in guerra, è perennemente in guerra, contro il terrorismo e contro i propri fantasmi. Sotto la presidenza di Barack Obama ha sconfitto la persona di bin Laden solo quest’anno, dopo dieci anni di caccia costata miliardi di dollari a un Paese affannato economicamente e stanco di vedere i suoi figli, fratelli, mariti, tornare dal fronte morti ma con tutti gli onori. E il mondo, da quell’11 settembre, convive con una sottile, quasi invisibile, paura inconscia: la paura di un attentato. Aeroporti e metropolitane, ferrovie e navi, ogni mezzo di trasporto che ci accompagna, sotto sotto fa sentire la sua vocina del terrore: e se per caso, proprio adesso… Ma no, via, perché dovrebbe succedere? Osama non ha sconfitto l’America e il mondo occidentale ma ha sconfitto l’innocenza di tutti, e ci vorrà un tempo lunghissimo, fatto di generazioni, per lasciarsi andare senza l’ombra del terrore nella mente. È il destino di chi vive nel nuovo millennio, iniziato l’11 settembre 2001.
Da qualche altra parte, nascosto ma soddisfatto, Osama bin Laden brinda all’impresa. Eppure, se c’è una cosa che bin Laden ha sottovalutato, è proprio la capacità perenne degli Stati Uniti di rialzarsi dalle proprie tragedie. Questa è la più brutale e spettacolare. Davanti al mondo, le Twin Towers che cadono rappresentano l’evidenza di un mondo, quello americano, che ha dominato il XX secolo, pronto a cedere da un momento all’altro, secondo Al Qaeda. Ma non sarà così. Bush condurrà gli Stati Uniti in Afghanistan meno di un mese dopo, ritenendo il Paese asiatico la “cuccia” ospitale dei terroristi di Osama. Poi, sarà la volta dell’Iraq, di Saddam Hussein. L’America è ancora in guerra, è perennemente in guerra, contro il terrorismo e contro i propri fantasmi. Sotto la presidenza di Barack Obama ha sconfitto la persona di bin Laden solo quest’anno, dopo dieci anni di caccia costata miliardi di dollari a un Paese affannato economicamente e stanco di vedere i suoi figli, fratelli, mariti, tornare dal fronte morti ma con tutti gli onori. E il mondo, da quell’11 settembre, convive con una sottile, quasi invisibile, paura inconscia: la paura di un attentato. Aeroporti e metropolitane, ferrovie e navi, ogni mezzo di trasporto che ci accompagna, sotto sotto fa sentire la sua vocina del terrore: e se per caso, proprio adesso… Ma no, via, perché dovrebbe succedere? Osama non ha sconfitto l’America e il mondo occidentale ma ha sconfitto l’innocenza di tutti, e ci vorrà un tempo lunghissimo, fatto di generazioni, per lasciarsi andare senza l’ombra del terrore nella mente. È il destino di chi vive nel nuovo millennio, iniziato l’11 settembre 2001.
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