domenica 30 ottobre 2011

Promemoria – La morte non vista di Osama bin Laden


Nel giro di cinque mesi e mezzo, dal 2 maggio al 20 ottobre, sono caduti Osama bin Laden e Muhammar Gheddafi. Con un tragitto politico ideale che li vede nel corso del tempo talvolta vicini e contigui, altre invece lontanissimi, Osama e Gheddafi hanno rappresentato due modi di essere "nemici" del mondo occidentale. E anche la loro morte ha avuto l'effetto di unirli nel pensiero occidentale di molti ma anche di metterne in rilievo le differenze profonde. Gheddafi e la sua morte sono un fatto storico che va evidenziato. La morte di Osama, al contrario, deve essere dimenticata immediatamente. Dell'uno, le immagini violente e perciò anche strazianti di "come" sia stato ucciso rimbalzano per ogni angolo del mondo. Dell'altro, nulla si vede, nulla si sa.

La morte di Gheddafi è il risultato più o meno sperato da molti esternamente alla Libia, oltreché nel Paese africano. Ci sono tutti gli ingredienti "naturali" che possano giustificare il gesto estremo: il dittatore ormai inviso al suo popolo, il fuggitivo mentre si sviluppa una guerra civile in patria, ostinatamente orgoglioso da voler a tutti i costi parlare ai suoi fedelissimi in modo pubblico, sfidando chi lo insegue e gli dà la caccia. Dice che non andrà via dalla Libia perché la Libia è la sua terra e lì morirà: è quasi un invito pubblico a che ciò avvenga. Viene accontentato, come da copione. Preso, circondato, sballottato, passa di mano in mano a persone sovraeccitate e smaniose di vendetta. Niente di più sbagliato: Gheddafi vivo sarebbe il vero interesse del mondo. Ma Gheddafi vivo sarebbe anche una preoccupazione per il mondo: se parlasse, che direbbe? Chi coinvolgerebbe? Gli interessi planetari (leggi petrolio, petrolio e ancora petrolio) sarebbero più tutelati con Gheddafi vivo o morto? E poi: non si può intervenire direttamente, bisogna che Gheddafi sia scoperto e catturato dai libici.

Tutto secondo copione, dunque: cattura, vendetta, morte. E, soprattutto, esposizione della morte. Il cadavere, il corpo da mostrare che certifichi la fine di un'era, la fine del tiranno. In politica è così da sempre, con qualche eccezione, si capisce. Le sacre spoglie sono a disposizione del popolo, del mondo intero. E la morte, se possibile, deve essere mostrata in diretta. Qualche esempio: il corpo di Lenin, ancora perfettamente mummificato e tuttora esposto nel mausoleo che porta il suo nome, a Mosca. Il corpo di Mussolini, tolto dalla furia del popolo: lo stanno facendo a pezzi, come agire? Con l'esposizione pubblica, che calmi la folla e anestetizzi la voglia di vendicarsi. John Fitzgerald Kennedy: c'era chi non voleva accettarne la morte e solo, dopo anni, il filmato di un comune cittadino, Abraham Zapruder, certificherà in modo definitivo l'uccisione del presidente Usa.

Tutto secondo copione, dunque: cattura, vendetta, morte. E, soprattutto, esposizione della morte. Il cadavere, il corpo da mostrare che certifichi la fine di un'era, la fine del tiranno. In politica è così da sempre, con qualche eccezione, si capisce. Le sacre spoglie sono a disposizione del popolo, del mondo intero. E la morte, se possibile, deve essere mostrata in diretta. Qualche esempio: il corpo di Lenin, ancora perfettamente mummificato e tuttora esposto nel mausoleo che porta il suo nome, a Mosca. Il corpo di Mussolini, tolto dalla furia del popolo: lo stanno facendo a pezzi, come agire? Con l'esposizione pubblica, che calmi la folla e anestetizzi la voglia di vendicarsi. John Fitzgerald Kennedy: c'era chi non voleva accettarne la morte e solo, dopo anni, il filmato di un comune cittadino, Abraham Zapruder, certificherà in modo definitivo l'uccisione del presidente Usa.

Ma la frase va estesa a molti, in Italia e altrove. Poche le morti violente che creano pacificazione interiore in un popolo: Ceausescu per l'Europa, Sadat per l'Egitto, Mao nell'allora lontanissima Cina del 1976. Da noi, la morte di Aldo Moro è ancora intrisa di veleni inconfessati e di verità indicibili. D'altra parte, siamo il Paese di Salvatore Giuliano non per caso. Oggi Gheddafi è un morto da esporre in pubblico, dal vivo e in video. Con tanto di ragazzotto-killer che si vanta: l'ho ucciso io e ho fatto così. Catarsi. Osama bin Laden, invece no: lui deve scomparire dalla memoria in breve tempo e nulla si deve sapere.

Apparentemente contraddittoria in questa vicenda è la visione della morte. Noi, il popolo del mondo che ha dato la caccia ideale a Osama, non abbiamo accesso alla sua fine. In compenso, ci viene mostrata la foto dello staff del presidente Obama mentre "guarda" la morte in diretta del terrorista. Con tanto di commenti sulla psicologia dei volti di Hillary Clinton o di Obama stesso. Noi "vediamo" solo perché lo Studio Ovale "vede" e certifica. E allora, in un batter di ciglia, ecco sul web foto false di Osama, foto truccate, fino alla contorsione più spettacolare: si mette on line una foto falsa per dimostrare che è "falso" che gli Usa abbiano catturato e ucciso Osama. Il falso al quadrato! Mentre l'unica foto "ufficiale" del morto Osama è anch'essa falsa, mostrata dalla tv pakistana subito dopo la notizia ufficiale della morte del terrorista. Gheddafi seppellito nel deserto, Osama in mare. E che nessuno scopra dove sono. Strano destino che li accumuna e li allontana, a seconda dei momenti, anche da morti.

Marcello Guido
Fonte: Yahoo


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